La colazione come momento di ben-essere

 


Il sudore che cola lungo la schiena dopo la corsa, le mani umidicce e gli occhi protesi sulla moka. Il caffè che, pian piano, inizia ad uscire. Io che lo guardo mentre la mano cerca i semi di girasole e i frutti da mettere sul vassoio. Ancora, il miele e la marmellata, i corn-flakes, la tazza del latte, il pane, i biscotti, lo smartphone e un libro. Complici le ore di DAD (didattica a distanza) dei figli, indipendenti come non mai, le mie colazioni durante il lockdown diventano un evento di durata indeterminata. Quasi sempre si svolgono i giardino e non sono il frettoloso nutrirsi dei mesi precedenti, ma un rito senza traccia, come una tradizione nascente che assume la portata del sacro senza avere schemi da seguire. Un tempo libero e mutevole, anche negli ingredienti che, pian piano, si arricchiscono delle ciliege e delle prime albicocche. È il gusto che sperimenta accostamenti arditi, ne abbandona alcuni per trovarne altri. Il latte che arriva sul tavolo del giardino troppo caldo per diventare freddo quando raccolgo le ultime cucchiaiate di fiocchi di mais. Più passano i giorni e più il girovagare tra i molti ingredienti della colazione diventa una ricerca dei piaceri alimentari anziché il mero metter da parte energie per la giornata. Non nutrirsi, ma cercare un ben- essere. Il corpo, in qualche modo svuotato dalla corsa mattutina e non ingolfato dalla colazione precipitosa di sempre, va in cerca di sapori e profumi. L’occhio finisce per indugiare sugli accostamenti cromatici tra frutti e biscotti, tra le foglie che mi fanno ombra e il colore del caffellatte. Mangio, leggo, mi interrompo, guardo il cielo e, come per la corsa, mi faccio una promessa: il tempo della colazione dovrà continuare ad essere disteso e ricco anche dopo il lockdown. Di certo, non potrà essere uguale, perché dovrei non lavorare per il resto della mia vita. Di certo già oggi molte cose sono cambiate: dall’arrivo delle zanzare e del caldo che hanno reso difficile la permanenza in giardino alla fine della scuola e al conseguente impegno giornaliero nel portare Diego al campo estivo, ma la sveglia spesso viene anticipata per avere un quarto d’ora in più da dedicare alla colazione. E così dovrà essere anche se dovesse tornare la frenesia.

Ma come farò ad esser sicuro di non perdermi nella fretta quando torneranno il lavoro, la scuola, la normalità che non vorrei più, ma verso cui tutti sembriamo tendere? Come la piccola trottola aiuta Leonardo Di Caprio a distinguere la realtà dal sogno nel film Inception, proverò ad usare il caffè che sale per poi discendere sul fondo della moka. Sì, nelle mattine in cui non avrò il tempo di preparare il caffè con la caffettiera ideata da Alfonsa Bialetti e di guardarlo mentre, scuro, inizia a fuoriuscire dal camino per invadere il bricco, potrò dire che qualcosa non va, che la fretta si è impossessata nuovamente della mia vita, che è tempo di rallentare e spostare il pensiero ai giorni del lockdown, quando il tempo era sospeso e interrotto, ma capace di spiegare il proprio valore, di invitarmi assecondare i fabbisogni del corpo con il tempo, il gusto e, in definitiva, l'intenzione di pensare a ciò che stavo facendo. Alla fin fine, una declinazione possibile del ben-essere che può non essere il mero disporre di cibo cui ambivano le generazioni che hanno preceduto la mia, ma il disporre del tempo per gustare il cibo e per dare un buon inizio ad ogni giornata dell’unica vita di cui disponiamo.

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